Nessun fenomeno al mondo può impedire al sole di risorgere


Credo nelle idee che diventano azioni

giovedì 5 marzo 2009

LETTURE: A. de Benoist, Pensiero ribelle.

Pensiero ribelle è il titolo italiano del primo di due grossi volumi di Alain de Benoist apparsi in Francia nel 2006. Si tratta di un’opera che raccoglie le interviste rilasciate dal pensatore francese a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso e che indubbiamente costituisce una chiave di lettura privilegiata per comprendere per quale motivo il più noto esponente della cosiddetta Nuova Destra si definisca oggi un intellettuale che non è né di destra né di sinistra. Un’opera quindi importante,almeno per coloro per i quali la politica non è business ,ma partecipazione consapevole e responsabile alla vita pubblica.
Tuttavia non ci si può astenere dal rilevare le numerose e gravi contraddizioni che caratterizzano il pensiero di de Benoist, anche se permane l’interesse e l’apprezzamento per le sue acute critiche alla società liberaldemocratica.
Il filosofo francese pare infatti spesso confondere il collettivismo con l’olismo che pur vorrebbe difendere: come conciliare la concezione contrattualistica dello Stato (che in epoca moderna è incontestabilmente espressione dello spirito mercantile ed individualistico della borghesia) con una visione autenticamente olistica della società?
E’ irritante poi il fatto che egli ritenga che ci si possa portare al di là della destra e della sinistra accatastando alla rinfusa “spezzoni”di cultura di destra e di sinistra e contrapponendo in modo superficiale l’anima allo spirito, l’immagine al concetto, come se l’unica forma di razionalità fosse quella strumentale e due millenni di pensiero filosofico non contassero nulla.
La ricezione semplicistica della critica heideggeriana alla metafisica occidentale sembra che sia non solo alla base di un anticristianesimo così scontato e banale da non comprendere come sia stato possibile che il cattolicesimo fosse per numerosi secoli la lingua spirituale dell’Occidente, ma anche la ragione (o una delle ragioni) che spinge de Benoist a fare l’apologia di una forma pericolosa di irrazionalismo, a tal punto da asserire che l’errore più grave dell’Occidente moderno consisterebbe nel privilegiare la conoscenza a scapito di ogni altra attività della mente, dimenticandosi che per gli antichi greci (ma analoghe considerazioni si potrebbero fare per la cultura indiana) la conoscenza - come ben comprese Giorgio Colli - è l’essenza della vita, evidentemente avendo un concetto della conoscenza assai differente da quello utilitaristico e riduttivo che attualmente prevale.
Non si fraintenda però il senso di queste obiezioni: ormai è evidente che Destra e Sinistra sono categorie politiche logore e in gran parte superate. Per ridefinire il Politico secondo una prospettiva radicalmente antieconomicistica (e questo è certamente lo scopo di de Benoist) è essenziale un orientamento esistenziale e spirituale che sappia mettere in discussione coerentemente i presupposti ideologici del Moderno (sotto questo profilo sono forse più importanti studiosi e pensatori come, ad esempio, Mircea Eliade e Henri Corbin -indipendentemente dalle loro convinzioni politiche - piuttosto che i filosofi della politica che tendono a disinteressarsi dei fondamenti ultimi della realtà o che ritengano che sia sufficiente “parlare” frettolosamente del Sacro per oltrepassare la Modernità).
Che il Politico non debba sottostare all’Economico e che ciò sia possibile solo se a fondamento dell’ordinamento statale vi sono dei principi metapolitici credo lo ammetta anche de Benoist.
L’olismo e l’antieconomicismo (in realtà due facce di una stessa medaglia) hanno però necessariamente implicazioni metafisiche (ad esempio,la totalità dei fenomeni non può essere né un fenomeno tra i fenomeni né la somma dei fenomeni) ed antropologiche di cui si deve essere consapevoli se non si vuole che la punta distruttiva delle proprie argomentazioni non si rivolga contro se stessi.

Fabio F.

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