Nessun fenomeno al mondo può impedire al sole di risorgere


Credo nelle idee che diventano azioni

mercoledì 16 settembre 2009

Luca era gay

di Emanuele Boffi

Il padre assente, il primo innamoramento, l'Arcigay e il business delle
crociere. Poi l'Aids, il buio, le mele buddiste e l'icona della Madonna. Ad
agosto si è sposato. Con Teresa

A tredici anni Luca si innamorò del suo compagno di banco. L'estate scorsa Luca si è sposato con Teresa, una bella ragazza, che quando dice qualcosa di importante ha il vezzo femminile di guardare all'insù. […]
Però nella comunità gay si sa che Luca è lui. Luca il
tabù, Luca lo scandalo, Luca che si è sposato ad agosto con Teresa.
Nomadismo sentimentale
«I miei genitori si separarono quando ero piccolo, mio padre se ne andò di
casa. Rimasi da solo con mia madre, in un ambiente tutto femminile. Giocavo
con le bambole, avevo mutato il tono della voce, mi sentivo molto
rassicurato quando stavo con le donne e spaventato, anche se attratto, dalle
figure maschili. Avevo tredici anni e nessun padre che mi spingesse a
entrare nel "gruppo dei maschi" da cui, invece, venivo respinto perché avevo
interessi diversi, perché non ero dei "loro", perché non giocavo a pallone
come tutti. Questo mondo che pure mi attraeva, al tempo stesso mi
spaventava, mi lasciava ai margini, solo. A quell'età questa mia infelicità
e, al contempo, la necessità, come tutti, d'affetto, si manifestò in
pulsioni omosessuali. Così mi innamorai del mio compagno di banco, un tipo
assai diverso da me, assai mascolino e virile. Sbaglia chi crede che "gay si
nasce", non è vero quel che è stato propagandato da certi manifesti. La mia
esperienza è comune a tutti gli omosessuali che ho conosciuto. T'innamori di
un maschio perché è quello che vorresti essere. Ecco perché gli omosessuali
si travestono da poliziotti, da militari, da machi: perché è quello che
vorrebbero inconsciamente diventare, ma non possono essere.
L'attrazione per il mio compagno non era corrisposta. Io stavo male, ero
infelice, nascondevo i miei pensieri, non ne avevo fatto parola con nessuno.
Finché i miei genitori mi portarono in un consultorio. Lì fu loro detto che
ero gay, di non preoccuparsi, anzi di lasciarmi esprimere secondo la mia
tendenza. Ecco il primo passo: se invece fossero stati aiutati a comprendere
che il mio disagio nasceva dalla mancanza di una figura maschile di
riferimento oggi, forse, saremmo qui a raccontare un'altra storia. Invece, e
questo accade ancor con più frequenza oggi, di fronte all'omosessualità si
ragiona secondo una falsa categoria di libertà che non aiuta ad affrontare
il problema, ma lo rimuove, lo elimina, lasciandolo, di fatto, irrisolto.
[…]Omosessualità, e che cos'è? Erano gli anni di film come Il vizietto, La
patata bollente, anni in cui iniziava a manifestarsi una certa cultura gay.
Ne ero sollevato: non sono solo, ci sono altri come me. Me ne andai di casa
a diciotto anni ed entrai in un mondo colorato, affascinante, ricco di
persone estroverse, simpatiche e disinvolte. Iniziai a frequentare un
ragazzo con qualche anno più di me, a girare per discoteche e festini.
Divenni ballerino in una discoteca per omosessuali. Le prime volte era
bellissimo: gente accogliente e divertente sempre dedita al godimento della
vita, allegra. Ma c'è anche l'altro lato della medaglia: questi locali sono
dei veri e propri labirinti di sesso, dove ai piani superiori o inferiori
puoi soddisfare tutte le tue più recondite perversioni. Gli omosessuali
vivono un frenetico nomadismo sentimentale, non esistono relazioni stabili e
vere. è comprensibile: l'omosessuale, come chiunque altro, cerca altro da
sé. Se nell'altro trova solo qualcosa a sé simile, il rapporto non può che
essere effimero e compulsivo. Ma dopo la consumazione, quel che rimane è
solo una grande sensazione di vuoto, di insoddisfazione, di tristezza. Mi
fanno sorridere le rivendicazioni di coloro che chiedono il matrimonio
omosessuale: non può esistere stabilità e fedeltà nel mondo gay perché quel
che cerchi non può resistere a lungo. Anche là dove è stato introdotto il
matrimonio fra persone dello stesso sesso, quanti effettivamente si sono
sposati? E quante di queste relazioni sono durate? Pochissime, forse
nessuna.
Le casse dell'associazione
I primi tempi ero molto contento di questa mia vita. Eppure, la sera, quando
rincasavo, sentivo come un'ombra di tristezza. Mi sentivo solo, mi mancava
qualcosa di vero. E quando guardavo negli occhi i miei compagni vedevo la
stessa ombra. Però nessuno lo ammetteva, nessuno lo diceva. Riconoscerlo è
uno strappo doloroso. Significa ammettere che il bene che professi è solo
complicità, che la cultura che sostieni è basata solo sulla superficialità e
il piacere. Non si può avere una relazione con qualcun altro, se non si sa
chi si è.
Il sesso è il motore di tutto. Anche dei soldi, ovvio. Negli anni Novanta
andavo spesso a Miami: facevo il ballerino nelle discoteche più in, ma ero
un po' stanco di quella vita. Avevo studiato da accompagnatore turistico e
pensai di far fruttare quelle mie conoscenze. Mi rivolsi all'Arcigay
prospettando loro l'idea delle crociere per soli omosessuali. All'inizio la
loro reazione mi stupì: mi dissero "ok, ma devi rimanere nell'ambito della
politica di sinistra". Politica? Sinceramente mi importava ben poco. Però
avevo bisogno del logo dell'Arcigay per far funzionare gli affari. Alla fine
capirono che il business fruttava bene e mi concessero il logo. Per anni ho
versato quote consistenti dei miei guadagni all'associazione. E quando dico
consistenti, intendo proprio "consistenti". Ero anche diventato membro
dell'Iglta
(International gay & lesbian travel association) e frequentavo negli Stati
Uniti i loro corsi di marketing. Vi si spiega che "più sesso regali, più fai
soldi". Per cui si consiglia di organizzare gli spazi con le docce in comune
e di lasciare sempre degli ambienti con zone oscure in cui sia più facile
appartarsi.
La cosa funzionava. La mia Malu group (avevo sullo stemma un delfino e delle
palme) andava alla grande. Ero un convinto sostenitore dell'associazione ed
ero tra coloro che più si erano spesi - la vicenda mi portò una certa
notorietà - per organizzare il Gay Pride di Napoli. Continuavo la mia vita
dissipata tra i party della città, frequentavo persone importanti della
Milano bene, avevo contatti nel mondo dell'alta moda. Eppure ero sempre più
insoddisfatto. Se il sesso è tutto, quando finisce quello, finisce tutto.
[…]


conobbi POI Teresa. Diventammo amici. Mi divertivo con lei, mi piaceva, ci siamo
fidanzati. Non sapevo come... insomma, alla fine gliel'ho detto. Quel che mi
ha risposto dice tutto di lei: "Luca, quel che sei stato non è più. Importa
quel che sei ora". Dopo un anno di fidanzamento ci siamo sposati. Oggi siamo
alla guida del Gruppo Lot: aiutiamo gli omosessuali a rifiorire. Non siamo
psicologi, non è il nostro lavoro. Per quel che è stata la mia esperienza
posso dire solo che il lavoro psicologico e questi gruppi di preghiera hanno
avuto per me pari importanza. Ma sono due binari paralleli, possono non
intersecarsi. Vivo in affitto, non ho più le belle automobili di un tempo,
non mi interessa farmi pubblicità. Chiedo solo di poter affermare quello che
credo. Io stesso ne sono la prova vivente. Il problema dell'omosessualità
non riguarda il sesso, riguarda la propria umanità. Ero schiavo dei
sorrisetti e delle mistificazioni. Oggi sono un uomo vero, un uomo libero».