L'homo occidentalis è l'uomo del 'declino', l'uomo di Abendland, la Terra della sera, che ha fondato la propria identità sulla negazione della tradizione. Ed oggi che il mondo tradizionale è scomparso, non può che negare sé stesso. Da ciò deriva il 'fascino' della macchina, dell'automa e di tutto ciò che è 'impersonale', nel senso negativo del termine, vale a dire di ciò che è 'regressivo', indifferenziato, promiscuo, anodino. L' 'algebrizzazione' dell'esistenza, presuppone l'omogeneità, l'equi-valenza, la riproducibilità, la serialità. Assistiamo al 'capovolgimento' della figura archetipica del Sé, dell'Androgine: non la sintesi o l'unità degli opposti, ma la loro dissoluzione e neutralizzazione. L'individuo non è più così la 'manifestazione' di un tipo, di un'idea, di un'identità, secondo la prospettiva 'irripetibile' di un universale singolare. E' vero che nell'antichità e nel Medioevo questo era privilegio di pochi. Cionondimeno, anche la vita dei 'semplici' si svolgeva secondo valori identitari e comunitari, in una molteplicità di 'mondi sociali' strutturati dai simboli, dai riti, dalle feste e da una complessa rappresentazione culturale del tempo e dello spazio. L'ideologia illuminista, liquidando il 'tradizionale' come superstizione non solo ha tolto alla massa degli umili il sostegno necessario per far fronte con dignità e fermezza agli 'orrori' della dimensione quotidiana dell'esistenza, ma ha confuso l'apparenza con l'essenza, il velo con ciò che il velo necessariamente ri-vela.
Non può allora sorprendere che l'uomo contemporaneo non sia più un 'animale simbolico' (ossia tale da poter essere una persona differenziata, capace di enucleare nel flusso incessante del divenire un senso ed un valore in grado di orientare un'intera esistenza) ma un mero aggregato di pulsioni, perfettamente quantificabile . E' un 'rizoma', per usare la terminologia di Deleuze e Guattari, apostoli di una rivoluzione pseudo-libertaria che, inconsapevolmente, serve per abbattere gli ultimi ostacoli che ancora impediscono la totale colonizzazione dello strato profondo ed interiore dell'uomo (si deve riconoscere che, sia pure con i gravissimi limiti e le contraddizioni derivanti da un 'ideologia materialistica, il Marcuse dell'Uomo ad una dimensione fu buon 'profeta'). Tuttavia, qualsiasi tentativo di porre un freno alla progressiva degenerazione antropologica che caratterizza la società occidentale, per cacciare (ma da dove, se siamo gli abitatori del tempo, senza dimora e senza radici?) il' nostro ospite inquietante', ossia il nichilismo, equivarrebbe a cercare di fermare un jumbo jet con un elastico.
In Cavalcare la tigre Evola afferma: "il significato della crisi e delle dissoluzioni oggi da tanti deprecate, deve essere precisato indicando l'oggetto reale e diretto dei processi distruttivi: la civiltà e la società borghese. Misurate coi valori tradizionali, queste hanno però già avuto il senso di una prima negazione di un mondo a loro anteriore e superiore. Ne segue che la crisi del mondo moderno potrebbe ... rappresentare, hegelianamente, una "negazione della negazione", epperò significare, per un lato, un fenomeno a suo modo positivo. L'alternativa è che questa "negazione della negazione" sbocchi nel nulla ... ovvero che essa... crei un nuovo spazio libero, il quale potrebbe ... essere la premessa per una successiva azione formatrice".
Nessuno oggi è in grado di prevedere se l'homo europeus troverà in sé stesso l'energia intellettuale e il coraggio per andare oltre la linea, per varcare il meridiano zero del nichilismo, ma è certo che l'homo occidentalis è destinato a 'nientificarsi' nel 'caos organizzato' del mondo postmoderno.
Fabio Falchi
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