In Italia si dovrebbe smettere di giocare con le parole e fare proprio il principio di realtà. La politica dei respingimenti non è altro che il frutto di un accordo storico tra Italia e Libia che ha cominciato a funzionare. Si tratta di una politica che è del tutto normale quando viene messa in pratica da Paesi che sono letteralmente presi d'assalto.
Solo la sinistra italiana, per fare un esempio, è capace di attaccare il respingimento degli immigrati nel Canale di Sicilia verso la Libia, attribuendolo a Maroni, quando quell’operazione è stata introdotta da Giuliano Amato, ministro degli Interni del governo Prodi nel 2007. Comunque sia, i temi sul tappeto sono due, uno tattico, l’altro strategico. Il primo è semplice: l’unico modo per troncare il traffico di carne umana ad opera di moderni schiavisti nel Canale di Sicilia è quello di rendere impraticabile quel tragitto. Quindi, chi critica la politica dei respingimenti e non fa nulla affinché muti la drammatica situazione della maggior parte dei popoli africani, non fa nient’altro che favorire il permanere di questo traffico immondo.
Più interessante ancora è il secondo aspetto del problema, quel rifiuto della multietnicità di cui ha parlato Berlusconi e che ha creato nuove ondate di critiche. Anche qui la sinistra, e settori della Chiesa, giocano con le parole. E’ ovvio che nessuno è contrario al fenomeno di inserimento in un forte contesto di identità nazionale italiana degli immigrati regolari.E' evidente a tutti però che la società multietnica in Europa sia fallimentare (vedi,ad esempio, la Francia e l'Olanda). E'un modello a cui certo non si deve guardare anche e soprattutto perché è il prodotto di un feroce passato imperialista che ha dato origine ad un insediamento multinazionale che nulla ha a che vedere con quello che si sta verificando in Italia. La nostra situazione è invece simile a quella della Spagna, della Svizzera e della Germania, Paesi in cui gli immigrati sono stati chiamati per pure e semplici ragioni di mercato del lavoro.
Insomma, occorre da un lato lavorare per un progetto di integrazione degli immigrati in un contesto identitario italiano,senza favorire il "mercato degli schiavi", e dall'altro trasformare le frontiere marittime dell'Italia, della Grecia(che sono perfino più ingestibili delle nostre) e della Spagna in frontiere europee. Tuttavia non ci si deve illudere: fintanto che l'Europa non sarà un autentico soggetto politico ciascun Paese farà da sé e la questione dell'immigrazione diventerà sempre più tragica e difficile da risolvere.
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